Category Archives: giornalismo

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Lo Stato sono io?

Category : giornalismo

Testata -Investire nel Mondo- 05 ottobre 2007

E’ possibile pagare tasse per poter pagare le tasse? Succede in Italia, abbiamo intervistato un notaio che testimonia degli inutili balzelli imposti al cittadino.

di Massimiliano Cocozza

D: Dottore chi è lo Stato?
R: Lo stato sono io? Siamo noi… Quello Stato assistenzialista e sciupone la cui azione è sempre stata finalizzata allo sperpero del denaro pubblico, alla creazione di poltrone variamente riscaldate, al mantenimento di se stesso.
D: C’è chi dice che questo modo di amministrare non esiste più.
R: Vero è che i mutamenti culturali e normativi degli ultimi anni hanno posto le basi per un profondo cambiamento dei rapporti tra Stato e Cittadino. Ma è altrettanto vero che siamo soltanto agli inizi, eppure la strada sembra essere ben tracciata ed in molti di noi sia la forza sia il coraggio di percorrerla sembrano non mancare.

D: Sarà percorrendo questa strada che ciascuno potrà sempre più a buon diritto affermare “lo Stato sono io”?

R: Uno dei nodi di una progressiva trasparenza sembra essere il mondo informatico.
Perché proprio grazie all’informatica ed alla capillare diffusione di internet potranno esse abbattuti tanti ostacoli la cui presenza giustifica i timori di quanti, come il Prof. Stefano Rodotà, paventano la divisione della società moderna in “inforicchi” ed “infopoveri”.
La diffusione delle reti è oramai un qualcosa di inarrestabile, e l’arma migliore per evitarne i danni è proprio quella di favorirla, quasi come se si trattasse di iniettare un vaccino: favorire internet significa diffonderla sempre più, creando una società di “inforicchi” capace di sviluppare i propri “anticorpi” e quindi – ovviamente in un lasso di tempo più o meno breve – incapace di produrre “infopoveri” in quantità significativa.
L’essere “inforicchi” non costituisce né deve costituire un privilegio, ma la situazione ordinaria e diffusa, ed il limite massimo di tale status è dato dalla normale capacità di potere utilmente e senza difficoltà usufruire dei servizi disponibili in rete; un limite superato il quale si diviene specialisti dell’informatica, ed è tutt’altra previsione.
Accettare un concetto di parità Cittadino-Stato significa anche, favorendo internet, promuovere l’accesso alle reti e con esso quello alle basi dati pubbliche, cioè a quelle basi dati che noi stessi, col nostro operare quotidiano o addirittura per il semplice fatto di esistere, alimentiamo in qualità di fornitori di informazioni o quali elementi di informazione (l’uomo ridotto a un dato).

D: Forse per raggiungere una forma di parità fra cittadini e Stato ci sarebbe bisogno di maggiore trasparenza?
R: Parità significa anche trasparenza: accedere alle basi dati pubbliche significa esercitare un controllo sull’attività statuale, ed è un controllo che da Cittadino dovremmo potere esercitare in qualsiasi momento.
E’ ovvio che esistono settori (sicurezza nazionale, giustizia, etc..) nei quali la riservatezza o addirittura la segretezza sono d’obbligo: certamente non mi riferisco ad essi.
Ma nella maggior parte dei casi non vedo alcun motivo per limitare l’accesso all’informazione statuale, o per subordinarlo al pagamento di diritti più o meno esosi.

D: Ci fa alcuni esempi?
R: Ecco alcuni esempi:
se costituzionalmente viene garantita la par condicio tra accusa e difesa, tra giudice ed avvocato, perché far pagare al privato la consultazione del CED della Corte di Cassazione mantenendola gratuita per il magistrato? (con l’assurdo nell’assurdo: il G.O.A. paga tale consultazione al pari del privato)
stesso discorso per la normativa: se tutti dobbiamo conoscere le norme di legge cui siamo sottoposti (una conoscenza, come sappiamo, juris et de jure), perché limitarne la consultazione gratuita soltanto alla pubblica amministrazione e non offrire gratuitamente la stessa consultazione ai Cittadini?
perché per conoscere la base imponibile delle imposte fondiarie mi si obbliga (non esplicitamente, è vero, ma non esistono agevoli alternative) alla esecuzione di una visura catastale, dal costo modesto ma pur sempre a pagamento. Pago una tassa per pagare le tasse: assurdo!
perché per conoscere la solvibilità o la situazione ipotecaria del mio interlocutore – e quindi anche a fini di ordine pubblico e nell’interesse generale dell’economia – debbo pagare le informazioni che richiedo?
Ordinariamente a tali domande viene fornita una risposta molto banale: “si tratta di servizi che costano”. E’ vero, ma se vediamo le componenti di tali costi e cerchiamo di capire meglio come funzionano le cose ci rendiamo allora conto che molto può farsi per rendere a noi stessi la vita più semplice e, più in generale, per portare liberamente e gratuitamente al Cittadino tutti quei servizi di informazione amministrativa e legale che sappiamo essere divenuti oramai indispensabili per favorire il buon andamento dei rapporti economici e patrimoniali ma le cui chiavi sono in mano soltanto alla pubblica amministrazione, o agli “utenti esterni abilitati”.  
Le spese di impianto del sistema informativo pubblico sono state già sostenute, da tempo: ad esse si è fatto fronte con denaro della collettività, dei contribuenti, nostro.  
Altro discorso per la gestione, che comprende sia gli aggiornamenti di macchinari e programmi, sia il trattamento dei dati e la loro elaborazione o disponibilità.  
Che tale attività abbia un costo è innegabile, ma a mio giudizio è altrettanto innegabile il fatto che al Cittadino vengano richiesti “balzelli” sempre più esosi, non più rapportabili al costo reale del servizio prestato o richiesto.  
Costo reale e non valore: lo Stato non fa commercio.  
Ancora peggio l’imporre tali balzelli quando colui che richiede la consultazione dei dati è la stessa persona che tali dati ha fornito. L’attuale sistema, peraltro, (pur non essendo certamente questa l’intenzione di quanti lo hanno così concepito), genera situazioni di inaccettabile diseguaglianza, poiché collega il costo del servizio (mi riferisco in particolar modo a quello ipotecario) non tanto all’interesse garantito quanto alle soggettive vicende patrimoniali ed economiche del soggetto “ispezionato”.  
Mi spiego meglio con un esempio: le certificazioni notarili ex L. 302/98 (esecuzioni immobiliari). Nella mia personale esperienza, e fermo restando l’ammontare del credito esecutato, non mi è mai capitato di sostenere i medesimi costi di visura per procedure tra loro similari: tali costi (che un criterio di equità vorrebbe eguali per vertenze di valore eguale) sono stati sempre differenti per ciascuna relazione, da poche decine di migliaia di lire fino a diversi milioni, sempre in rapporto alle vicende patrimoniali dell’esecutato. A mio giudizio ciò è immorale.  
A tali costi si aggiungano poi quelli che lo Stato sostiene per la loro esazione (in termini di personale, gestione contabilità, rischio-denaro, software, sistemi di account, etc.), ben spesso uguali o addirittura superiori all’ammontare dei ricavi. Basti a tal fine ragionare sui dati forniti dal Ministero delle Finanze per l’anno 1998: in tutto l’anno il sistema di visure catastali on-line ha fruttato ricavi per appena 3,5 miliardi di lire…Ma non è dato sapere quanto si è speso per incassare tale folle cifra! Ridicolo.    

D: Mi viene un dubbio: allora lo Stato è un altro? Non sono io?  

R: scusi ma la domanda era partita da me.


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Curitba, Brasile un paradiso di città

Category : giornalismo

Testata -Investire nel Mondo- 01 settembre 2007

L’ONU la definisce “la città più innovativa del mondo” con tassi di criminalità al di sotto di qualsiasi città europea ed un reddito medio pro-capite doppio rispetto al resto del Brasile, Curitiba è davvero il paradiso terrestre.

Di Massimiliano cocozza

A Curitiba vivino 3 milioni di abitanti e hanno 50 metri cubi di verde a testa, un centro chiuso al traffico e completamente adibito ad isola pedonale, mezzi pubblici moderni ed ad alto assorbimento. Sono questi alcuni dei numeri che fanno di Curitiba, nello stato del Paranà, nel sud del Brasile una città che i city planner e gli architetti di tutto il mondo vengono a studiare.
Un caso? Non propriamente. L’evoluzione di questa città straordinaria iniziò negli anni ’60, quando gli amministratori cittadini affrontarono con grande lungimiranza, la previsione di un forte aumento della popolazione grazie allo sviluppo agricolo della regione. Fu cosi che un piccolo gruppo di architetti visionari dell’università del Paranà presero a tracciare le linee guida di quello che sarebbe poi diventato il “Curitiba Master Plan”, ossia il piano regolatore che era incentrato su alcuni principi intoccabili: riduzione del traffico in città, sistema viario da ridisegnare in funzione del trasporto pubblico, recupero del centro storico e costruzione diuna zona industriale nell’immediata periferia per attrarre la produzione industriale con una precisa gestione dell’impatto ambientale.
Se è vero che quello fu il primo passo verso una città diversa, il punto di svolta è datato 1972, quando il neo nominato sindaco Jaime Lerner, un architetto della locale università del Paranà, organizzo un vero e proprio colpo di mano.
Studiato nel dettaglio, il piano di riconquista del centro cittadino a favore dell’uomo sulle macchine, cioè le automobili, ebbe inizio un venerdì sera dopo la chiusura dei tribunali, onde evitare ricorsi d’urgenza.
Lerner fece tutto in un fine settimana. Mise a lavorar5e notte e giorno operai in ogni dove e cambiò la pavimentazione, mise fioriere, panchine, giardini, bloccando per sempre l’accesso delle auto al centro.
Una rivoluzione!
La maggior parte della popolazione si arrese di fronte all’evidenza di una città riconquistata, tornata improvvisamente vivibile, dove i bambini potevano correre e giocare e le mamme stare tranquille. Un manipolo di irriducibili delle quattro ruote tentò qualche rottura del blocco, ma il sindaco rispose allineando pacifici bambini che disegnavano grandi pannelli sulle strade di accesso.
A questa mossa spericolata seguì un lavoro di ristrutturazione capillare della rete di servizio pubblico che in quattro anni portò la città a gestire un traffico di 20mila passeggeri l’ora (quanto la metropolitana di New York per capirci). Questo attraverso l’adozione autobus a tre carrozze con grandi porte e fermate sopraelevate per aumentare la sicurezza.
Ma non è tutto perché l’amministrazione sostiene la raccolta differenziata riesce ad assistere le fasce sociali più deboli, rilanciando con la concretezza nei fatti il ruolo pubblico di un’amministrazione.
E mentre il governo cittadino si sforza di trovare soluzioni semplici, economiche e dove possibile anche divertenti, può soprattutto contare su di un livello di proposta, partecipazione e di controllo sulle decisioni da parte della cittadinanza, che non trova alcun riscontro in nessuna altra città del pianeta.


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I parlamentari italiani sono i nababbi d’Europa

Category : giornalismo

Testata -Investire nel Mondo- 13 luglio 2007

Quando si tratta dei propri stipendi i parlamentari trovano l’UNANIMITA’.
Quanto guadagna la nostra classe politica e quanto sperpera la macchina statale?

Di massimiliano Cocozza
I Politici italiani a partire dal 2001 hanno visto lievitare la propria busta paga di Lire 1.372.000 nette mensili. Con l’accordo di tutti lo ha deciso, un po’ alla chetichella, l’Ufficio di Presidenza della Camera giustificandolo sotto la voce “rimborso iva”.
Un aumento che avrebbe fatto fare salti di gioia a molte altre categorie di lavoratori, ma cosa volete che siano per deputati e senatori che fra le diverse voci del loro stipendio possono raggranellare una cifra fino a 12mila Eurucci al mese, senza contare che se poi un rappresentante del popolo è anche Questore aggiunge 4mila e se è Presidente di Commissione 5mila circa.
Per carità, si sa che le spese sono tante: dal portaborse al collegio elettorale da coltivare, ma i nostri politici danno l’impressione di stare sempre sulle spese visto che già nell’aprile del 2000, all’unanimità, i deputati si concessero 14 milioni netti di vecchie Lire in arretrati. Si sa che la politica costa, ma quanto ci costa? Ci vorrebbe un plotone di ragionieri per calcolare una cifra sia pure approssimativa e per addentrarci dentro la Babele di rimborsi, diarie, spese per il collegio elettorale che costituisce la busta paga dei Parlamentari, o degli Europarlamentari che gravano sulle casse dello Stato italiano, però, soltanto per lo stipendio base che è lo stesso dei colleghi italiani, cioè sui 4.600 Euro.
Una vita di un parlamentare italiano in cifre

STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA’ DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)
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TELEFONO CELLULARE gratis
TESSERA DEL CINEMA gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS – METROPOLITANA gratis
FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
FS gratis
AEREO DI STATO gratis
AMBASCIATE gratis
CLINICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis
ASSICURAZIONE MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00). Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi
Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione gratis un ufficio, una segretaria, l’auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)
La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO!!
STIPENDI DEI PARLAMENTARI EUROPEI A CONFRONTO IN EURO

  • Italia 144.084,36
  • Austria 106.583,40
  • Olanda 86.125,56
  • Germania 84.108
  • Irlanda 82.065,96
  • Gran Bretagna 81.600
  • Belgio 72.017,52
  • Danimarca 69.264
  • Grecia 68.575
  • Lussemburgo 66.432,60
  • Francia 62.779,44
  • Finlandia 59.640
  • Svezia 57.000
  • Slovenia 50.400
  • Cipro 48.960
  • Portogallo 41.387,64
  • Spagna 35.051,90
  • Slovacchia 25.920
  • Rep. Ceca 24.180
  • Estonia 23.064
  • Malta 15.768
  • Lituania 14.196
  • Lettonia 12.900
  • Ungheria 9.132
  • Polonia 7.369,70

Non sono i più efficienti. Non sono i più trasparenti. Non sono i più riformisti e dinamici. Il nostro parlamento è popolato da dinosauri. Anche questo un primato. E poi l’altro, il nostro fiore all’occhiello. I politici italiani sono i più ricchi del mondo. Hanno gli stipendi più alti d’Europa. I rimborsi maggiori. I privilegi pure impensabili in altre parti del pianeta, soprattutto in Europa.
Nessun ‘raìs’ lascerebbe il palazzo del governo dopo essersi assegnato 13 guardie del corpo essendo per giunta il proprietario della più grande azienda multimediale del Paese. E’ vero che si sono tagliati di un 10% lo stipendio e hanno ritoccato qualche indennità con l’arrivo di Prodi, ma erano talmente alti i loro guadagni che restano in un ghota di prebende senza uguali.
Non sono accuse generiche. Perchè comincialitalia.net pubblica la tabella degli stipendi degli onorevoli degli altri Paesi. Sono comparazioni non facili. Tuttavia calcolando le buste paga annuali i parlamentari italiani sono nettamente in testa alla classifica. Staccano gli austriaci di circa 40 mila euro. Perchè se l’italiano prende quasi 144 mila euro l’anno (300 milioni più o meno) in Austria un suo omologo arriva a 106 mila euro annuali. E poi tutti dietro. Staccati da migliaia di euro. Pensate che persino tedeschi e francesi sono a molto meno: rispettivamente 84 mila e 62 mila. E gli svedesi, che sono efficientissimi e hanno un welfare modello, si accontentano di 57 mila euro l’anno. Per non dire nell’est dove lettoni, polacchi e ungheresi sono tra i 12 mila e 7 mila euro in coda alla classifica.
Una classe pagata profumatamente per gestire la “Res Publica” cioè i beni di tutti

Questa nostra classe politica gode di privilegi che hanno del ridicolo, per esempio la distribuzione dei computer portatili a TUTTI i parlamentari che poi potevano acquistare per la cifra di 1(uno) EURO. E’ passato alla storia il deputato Francesco Colucci, decano del collegio dei questori, che ottenne ben 21 portatili…
Ma i gestori della Res Publica, sono anche ben assistiti, se è vero che alla Camera fino al 2006 c’erano 3 medici fissi che costavano 750mila Euro l’anno, cioè quanto guadagnano 10 primari ospedalieri.
Ma come viene gestita la spesa pubblica? Questi nostri deputati così coccolati e strapagati dimostrano almeno una propensione al risparmio di cui può davvero beneficiare la società?
Il Quirinale è un perfetto esempio che vale per tutta la gestione dei governi fino ad oggi senza distinzione di colori e partiti. I dipendenti del Quirinale ammontano ad oggi a 2.158 unità contro i circa 1.000 dell’Eliseo e Buckingham Palace e le varie residenze dei Windsor.
La lista è così lunga ed imbarazzante che basta pensare che per l’affitto di 4 palazzi alla Camera costerà per i prossimi 18 anni 444 milioni di EURO solo di locazioni.
Se poi volessimo stilare una lista di danni procurati alla Res Publica con contratti firmati e non rispettati o ritardati (vedi ponte di Messina) o piani di fattibilità a costi stratosferici (come il Palazzo del Cinema di Venezia) o ancora appalti selvaggi possiamo dormire sogni tranquillie sperare che un giorno anche qualche parente nostro possa entrare nel paradiso dei deputati del Parlamento Italiano ed aspirare ad una degna pensioncina dopo cotanta dura sofferenza e stenti.


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Pensionati ultracentenari è record fra gli italiani all’estero

Category : giornalismo

Testata -Investire nel Mondo- 30 giugno 2007

Sarà un’anomalia anagrafica, quella riscontrata con le ultime elezioni politiche, che certifica nella sola Argentina più di 6000 assegni a pensionati over 90?

Di Massimiliano Cocozza

ROMA—La lunga vita degli italiani in Argentina. Che altra considerazione fare dopo aver visto i dati sulle pensioni erogate dall’Inps all’estero? In Argentina, appunto, c’è un pensionato italiano di 109 anni. Ma anche tre di 108. Otto di 107. Tre di 106. E poi 11 di 105, 10 di 104, 32 di 103, 51 di 102, 52 di 101 e persino 103 di 100 anni. Per un totale di 276 italiani, regolarmente pensionati dall’Inps, ultracentenari. A cui se ne aggiungono altri 5.854 che di anni ne hanno almeno 90.
Si tratta un miracolo anagrafico? Nessuno lo sa, certo è che non è un caso isolato, come sta emergendo dalla più massiccia operazione di riordino dei trattamenti previdenziali corrisposti a cittadini residenti all’estero che l’Inps ha avviato in seguito alla nuova gara per la gestione dei servizi di pagamento. In precedenza affidata a Istituto centrale delle banche popolari, Bnl e Intesa, questa volta l’hanno vinta da sole le banche popolari. Non senza qualche problema, se è vero che uno dei partecipanti (Capitalia) ha subito fatto ricorso. L’istituto preseduto da Gian Paolo Sassi paga 418.651 pensioni in 141 Paesi del mondo, spendendo ogni anno circa 1,3 miliardi. Sono per la maggior parte trattamenti molto modesti, al punto che gli assegni superiori ai 65 euro al mese sono 276.442.
Longevità degli italiani all’estero. Il dato che sorprende è che 20.576 pensioni vengono incassate ogni mese da una persona che ha un’età compresa fra 90 e 99 anni. Mentre 635 sono riscosse da una che ne ha addirittura più di 100. 78 in Canada, 61 in Francia, 60 negli Stati Uniti, 44 in Australia, 20 in Slovenia, 10 in Austria. Ce n’è anche 1 a Montecarlo. Questo vuol dire che ogni 435 italiani che percepiscono una pensione Inps all’estero, c’è un ultracentenario. Una proporzione oltre quattro volte superiore rispetto ai trattamenti pagati dall’istituto di previdenza in Italia, dove gli ultracentenari pensionati sono 7.309. Ossia uno ogni 2.000 circa. Insomma, qualcosa non quadra: il numero «anomalo» di ultracentenari fra gli italiani all’estero era stato rilevato anche dalla Farnesina in occasione delle ultime elezioni politiche. Probabile conseguenza della difficoltà di avere dati aggiornati.
L’Inps e l’Istituto centrale delle banche popolari hanno mandato ai pensionati il modulo per la scelta del sistema di pagamento insieme a una lettera con la quale si precisa che il modulo stesso dovrà essere restituito con una dichiarazione di esistenza in vita. E qualche risultato già si sarebbe ottenuto. Dei 325 mila moduli finora spediti ad altrettanti pensionati ne sono tornati indietro 150mila: nelle risposte anche un migliaio di comunicazioni relative a persone decedute. Con la nuova gara l’Inps pagherà dove possibile tutte le pensioni in euro. Inoltre, a carico dei pensionati non dovrebbero più gravare commissioni che in molti casi si erano rivelate esosissime (fino a 15 euro per operazione). Si cercherà poi di scoraggiare il pagamento con assegno bancario, privilegiando i bonifici.
Ai pensionati titolari di trattamenti di importi piccolissimi, tanto modesti da essere corrisposti in rate semestrali o addirittura annuali, sarà proposto il pagamento di un forfait per chiudere definitivamente la pratica. Ma il riordino delle pensioni estere non sarà una passeggiata: proteste e le difficoltà ad accettare le novità in qualche caso sono state già segnalate. Tanto che il ministero degli Esteri ha deciso di aprire un tavolo tecnico di collaborazione con consolati e patronati, affidato al viceministro Franco Danieli. Grazie alle nuove misure introdotte dopo la gara, Sassi spera di «tagliare» almeno 20 mila pensioni pagate all’estero. Avrà bisogno di perseveranza e anche di una certa fortuna. In poco più di un anno, dal dicembre 2005 a oggi, le pensioni pagate dall’Inps a cittadini italiani residenti fuori dai confini nazionali sono aumentate di 8 mila unità.


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Italia.it il portale della ricchezza del turismo italiano

Category : giornalismo

Testata -Investire nel Mondo- 22 maggio 2007

45 milioni di euro spesi per la finestra turistica dell’Italia sul web che si piazza 579.039esima nella classifica USA e 2539esima in quella nazionale.

Di massimiliano cocozza

Che l’Italia fosse un paese ricco di attrazioni turistiche lo si sa da sempre. Tutti, ma proprio tutti al mondo identificano l’Italia come il paese delle belle arti e tutti sognano di visitarlo almeno una volta nella vita.
Se è vero che la comunicazione globale e veloce di internet si impone oggi come l’ultima frontiera da abbattere per le lentezze burocratiche statali, finalmente qualcosa è stato fatto. E’ infatti oramai una realtà testata ed operativa il portale del Governo Italiano Italia.it, e fa bella mostra di se al suo indirizzo di pertinenza www.italia.it presentato dal Ministro Rutelli al Bit di Milano nel febbraio del 2007.
Un portale che si può definire senz’altro ricco, in quanto a budget, visto che dispone di uno stanziamento governativo di 45 milioni di Euro, ma meno ricco in quanto a contenuti, grafica, tecnologia e naturalmente visitatori.
I dati di accesso, rilevati dal Gruppo Amazon pongono il sito al 2.539esimo posto in classifica dei web nazionali ed al 579.039esimo in quella USA.
Un vero investimento redditizio dei soldi dei contribuenti, questo fantomatico portale che tutti i webdesigner del mondo dovrebbero visitare per capire come si fa a fare soldi.
I contestatori di questo sperpero di danaro sono niente di meno che le Regioni, che sono parte integrante del progetto, le quali capeggiate dalla Regione Liguria lo scorso 31 marzo hanno manifestato a Milano mettendo in luce la povertà di questo ricchissimo sito. Era ora! Avrà mormorato più di qualcuno. Ma ecco che il neonato “Comitato Nazionale per il Portale Italia.it” si presenta in riunione per deliberare le contromisure in una specie di “Salvate il soldato Ryan”, si produce in un documento che da il via al processo di stipula delle convenzioni che faranno entrare nelle casse delle regioni ben 21 milioni di Euro (che sono parte dei 45) ed i toni improvvisamente si calmano.
In tutto questo spendere e spandere soldi pubblici a favore di una presenza internet, che se fosse un’azienda privata non ne spenderebbe più di una 30ina, volendo strafare, una consolazione rimane al cittadino; infatti in un comunicato stampa, emesso dal Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie del 21 settembre 2004, rende noto uno stanziamento di 140 milioni di Euro, da spendere per realizzare il portale pubblico “Scegli Italia”, atto a promuovere il turismo nella penisola.
Quindi il cittadino italiano si ritenga fortunato di spenderne solo 45 per avere questa jurassica finestra sul web.


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Investire in Calmucchia: la Repubblica degli scacchi

Category : giornalismo

Rubrica: Investire o essere investiti dalle economie emergenti
Testata umoristica -Testi&Umori- Bari 8 marzo 2007

Opportunità di nicchia nel mercato degli scacchi in Calmucchia. paese del Caucaso dove il consumo scacchistico procapite è quello a maggior densità del pianeta.

Di: Massimiliano Cocozza

La Calmucchia è una desolata regione desertica russa sul Mar Caspio che è la capitale mondiale degli scacchi.
Nella capitale Elista, la cui strada principale si chiama Viale degli Scacchi, si sono disputati i mondiali vinti dal russo Kramnik, in finale con Topalov.
Questo perché il presidente di questa repubblica, il milionario Iljumžinov, è un grandissimo appassionato di scacchi nonché presidente della FIDE (federazione internazionale scacchistica). Iljumžinov è stato campione nazionale di scacchi a 14 anni e si è arricchito commerciando auto. Fu eletto a 31 anni ed era il più giovane capo di stato del mondo. Egli è l’uomo forte del paese ed afferma di avere contatti frequenti con gli alieni ed usa mettere gli alcolisti in gabbie sulla strada principale o rinchiudere in manicomio i suoi critici ed in galera i suoi manifestanti.
Iljumžinov dal 1993, da quando è presidente, ha fondato il “Segretariato dell’Ideologia” direttamente alle sue dipendenze per creare un “Pensiero Etno Planetario” che fungerà da base per l’insegnamento nelle scuole. Nelle scuole, sin dalle materne, si studiano obbligatoriamente libri di strategia e biografie di grandi scacchisti mondiali. Lo stesso presidente ha infatti dichiarato “Sto creando intorno alla Repubblica un campo extrasensoriale mediante il quale dare istruzioni al popolo a livello inconscio”. Per essere sicuro del suo piano di democratizzazione totale il presidente ha dovuto sciogliere il parlamento e costituire un “consiglio di saggi” di 24 eletti, a lui vicini e di sicura rettezza morale e democratica. Il presidente per rappresentanza ha dovuto acquistare 4 Rolls Royce, ma in compenso sta procedendo verso il suo obiettivo politico, che era stato lo slogan della sua campagna presidenziale, cioè quello di “fornire di telefono cellulare ogni pastore della regione”. Tra i suoi provvedimenti c’è stata anche la direttiva Ukaz 129 sul rapporto governativo allo sviluppo del movimento scacchistico. Quindi, da allora, si studiano pedoni, mosse e varianti: “Gli scacchi servono a disciplinare i bambini. Prendono voto migliori ed imparano a concentrarsi”. Nel 96 spese 50 milioni di dollari per costruire in una squallida periferia Chess City, la Città degli Scacchi, tutta bianca ed azzurra con le vie intitolate a torri ed alfieri, voluta e costruita dal Presidente Kirsan Iljumžinov, per ospitare le olimpiadi degli scacchi, è ora ridotta ad un decadente quartiere fantasma, perché le abitazioni sono troppo care per i poverissimi calmucchi. Il 70 per cento dei 300 mila abitanti della Calmucchia ha un reddito mensile di 50 euro. I ristoranti sono deserti e si possono gustare piatti tipici come il “Cavallo in A4” oppure zuppe come la “White Queen” oppure assaporare cocktail come il “Tower Bomb B52”.
Nel paese esiste anche un monastero buddista. Il buddismo è infatti la religione ufficiale di stato. Iljumžinov ha invitato il Dalai Lama in persona a trasferirvici, l’offerta non è ancora stata accettata, ma il leader tibetano ha inviato uno Shaddin Lama di nome Telo Rimpoche, che a 26 anni è diventato la massima autorità religiosa del paese. Il “Papa” della Calmucchia da circa 10 anni, è uno sfegatato fan degli “Smashing Punpkins” e si può ammirarlo mentre medita nel tempio con l’iPod e le cuffiette al suono della sua musica preferita, rock ovviamente.
L’amore per gli scacchi e per le loro leggende non pare del tutto contraccambiato. Kasparov lo accusa di usare metodi totalitari anche nella gestione della federazione.
Per rendere il gioco più spettacolare e televisivo il presidente si è anche inventato lo “scacco rapido”, cioè sfide di massimo 50 minuti, per stare nei palinsesti.
Insomma un’opportunità unica per investimenti di nicchia a tema scacchistico, dove si può spaziare dall’editoria ai gadget, dalla diffusione di abbigliamento all’editoria e perché no anche alla promozione e vendita di pacchetti turistici, dopotutto una città degli scacchi non è cosa da tutti i giorni e basterebbe uno slogan davvero facile e di sicuro appeal come “In Calmucchia vacanze da Re/Regine” per attrarre truppe di turisti affascinati dal mondo degli scacchi.


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Ci hanno rubato le fontanelle

Category : giornalismo

Testata –Il Quotidiano- 28 09 2006

Abbiamo cercato le antiche fontanelle bianche che a dozzine abbeveravano i baresi.

Di Massimiliano Cocozza

Bari, una splendida mattinata di settembre, decido di uscire in bicicletta per godermi il solleone, agli albori di un autunno che sembra ancora lontano. Lungo via Fanelli scendo pedalando con movimenti sciolti, sotto il sole che surriscalda l’aria profumata di pane appena sfornato. Dopo alcuni minuti raggiungo il Campus dell’Università e, fra le auto in coda, una pedalata dopo l’altra, raggiungo l’incrocio di via Re David con via Enrico Toti. Il sole cocente ed il movimento, insieme ai gas di scarico delle auto ed alla polvere, mi hanno seccato la gola e provocato un’arsura incalzante. Mi fermo. Si, andrò a dissetarmi ad una fontanella. Nella mia mente appare la bianca fontanella in via Maria Cristina di Savoia all’angolo con via Pisacane. E’ a pochi passi da qui, imbocco pedalando la via e mi fermo poco più avanti, proprio di fronte alla chiesa, della fontana non v’è traccia. Come se non ci fosse mai stata. Chiudo gli occhi e rivedo le vecchiette vestite di nero che riempivano le bottiglie di acqua nella caligine dell’estate, proprio li in quella piazza, accanto alla salumeria ad angolo. Ma questo breve rimpianto viene risvegliato dalla mia sete galoppante e, con la mente, frugo nella memoria fotografica alla ricerca di un’altra fontana nei pressi. Ho una folgorazione: Via Nizza. Ricordo la strada del mercato con le sue fontane che sono almeno 3 o 4. Nella mia memoria scorrono immagini di garzoni che risciacquano i polipi prima di arricciarli nei cesti di vimini. Inforco la bicicletta ed in qualche minuto imbocco da via Re David, via Nizza che è in piena attività commerciale. Dietro le bancarelle qualcuno canta il suo ritornello di venditore “a due euro e 95, frisch’ e bell’ a due e novantacinque, forza signore”, ma l’atmosfera è rarefatta ed educata, è un pallido ricordo del frizzante mercato di un tempo. Sceso dalla bicicletta cammino cercando la fontanella, passo il primo, il secondo ed il terzo incrocio, ma di fontanelle non v’è traccia. Non è possibile, mi dico. Chiedo ad un fruttivendolo anziano e quello mi risponde che non ce ne sono più in tutto il quartiere da anni. Rimango esterrefatto. I miei occhi di assetato si posano su di un’insegna: Bar. Ecco potrei prendere un bicchiere d’acqua in un bar.. No. Voglio bere alla fontana! Resisterò! Cerco nella memoria e ricordo alcune fontane in viale Della Repubblica, e poi in Corso Sicilia, via Giulio Petroni, ma niente! Le mie ricerche sono vane. Non mi do per vinto e vado in centro e percorro tutte le strade: via Crisanzio, via Nicolai, via Dante, via Principe Amedeo, via Putignani, su e giù così fino a P.za Massari, ma di fontane neanche l’ombra. Non una delle fontane che conservavo nella memoria era rimasta a dissetarmi. Ma possibile che sono tutte scomparse e nessuno ne ha parlato, nessuno ha protestato? Dopo un’indagine più accurata, ho scoperto che ci sono alcuni punti della città, dove ci sono delle moderne fontanelle a zampillo o in ghisa; ma delle antiche ed insostituibili fontanelle in ghisa col nasone marchiate Acquedotto Pugliese, con la piccola corte in pietra bianco-giallognola, consumata dal tempo ed il rubinetto con una molla durissima, neanche una sola traccia. L’unico posto dove sopravvive qualche esemplare è la città vecchia, ma la maggior parte sono in disuso anche li. Chi è stato, quando e come ed in base a quale decreto sono state eliminate, nessuno sa rispondere. A me non resta che andarmene tristemente in un bar, e bere la mia acqua, pensando che, insieme a Punta Perotti abbattuta in diretta sotto i riflettori della tv e del web, a spese del cittadino, 570 i milioni di Euro il risarcimento richiesto; hanno anche eliminato, nel silenzio più assoluto, per sempre le fontanelle antiche di Bari e non ce le potrà ridare più nessuno.


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Lettera dal carcere di un Hututsi

Category : giornalismo

Testata umoristaca -testi&Umori- Bari 1997

Dalla cella più oscura dell’africa nera una lettera di Franko Ann, una delle vittime della guerra civile in Congo ex Zaire

a cura di massimiliano cocozza

Scrivo per fare conoscere la situazione oscura che viviamo quaggiù nel Congo, dove non c’è tango e non c’è mango che tenga.
Il mio nome Hutu è Mbachanga, mentre quello Tutsi è Franko.
Il problema è che mio padre era Hutu e mia madre Tutsi.
Loro due, come tutti gli Hutu e Tutsi del nostro paese, litigavano sempre, e noi africani negri, si sà siamo un po’ caldi.. Incazzusi diciamo pure..
Quindi io sono cresciuto cercando di evitare noci di cocco e stoviglie prima, coltelli poi, e infine frecce avvelenate, ma solo negli ultimi anni erano passati alle armi da fuoco.
Io volevo molto bene ad entrambi, perché in fondo sono i miei vecchi genitori negroni, ma ogni volta che litigavano, io diventavo uno sporco Tutsi per mio padre ed un prevaricatore Hutu per mia madre.. Insomma ci andavo di mezzo e mi beccavo insulti e schiaffoni..
Io non me la prendevo anche perché a noi piace molto, quaggiù nel Congo, darci dei sani sberloni nei denti, è proprio un’usanza..
Il problema fu quando decisero di farmi studiare, perché anche qui sono arrivati i preti missionari e ci hanno impiantato delle scuole..
Nessuno mi voleva perché le classi erano o Tutsi o Hutu ed io ero un mezzo sangue.
Allora presero la decisione di mandarmi direttamente all’università.
All’università della capitale mio padre aveva un amico che da un giorno all’altro diventò il mio protettore.
A quell’epoca avevo 15 anni ed ero praticamente cresciuto sugli alberi.
Il mondo del sapere mi affascinò subito e passai due anni a studiare come un Tutsi per mettermi al passo con gli altri e poi iniziai gli esami dell’università.
Nel frattempo i miei genitori si erano proprio presi una brutta incazzatura ed avevano riunito le rispettive famiglie, che si erano organizzate.
Prima con i mortai e poi con autoblindi, mitragliatrici, granate ecc. Tutta roba che si trova a buon mercato dalle nostre parti.
Annunciavano entrambi di invadere la capitale, il giorno della mia laurea.
Infatti nessuno osò farmi una sola domanda e non ci fu relazione, solo il bacio accademico, che dalle nostre parti comprende una strizzatina amichevole ai testicoli.
Il capo di stato in persona presenziava alla cerimonia e fu proprio lui a darmi la “strizzatina” e, subito dopo, a sbattermi in questa cella da dove vi scrivo.
Io spero voi mi vogliate aiutare a far fare la pace fra mia madre e mio padre così mi fanno uscire di qui e giuro che parto per l’Alaska o per il Kurdistan..

Mbachanga o Franko


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